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Un’affascinante vita in falegnameria!

Pubblicato il 15 luglio 2024 – Tempo di lettura: 7 minuti

Ciao ragazzi! E’ dal tempo dell’articolo: “intagliare cucchiai mi ha salvato la vita” del 2021, che non mi capitava di fare un articolo che popolasse la categoria “avventure nel legno“! Oggi, finalmente è arrivata la giusta occasione! Ho incontrato Serena e abbiamo chiacchierato a lungo sulla sua esperienza e di come abbia passato un’affascinante vita in falegnameria!

Uno dei miei più grandi sogni è lavorare nell’ambito del legno non solo a livello hobbistico ma di trasformarlo in un vero e proprio lavoro. Quando si è così affascinati dal legno, poter avere una falegnameria è una delle cose che fa sicuramente gola a tutti!

La fortuna mi fa incontrare Serena Bonuccelli, classe 1988, Versiliese, toscana, una nuova e fresca generazione impegnata anima e corpo nella sua attività di famiglia, “Arredamenti Bonuccelli“. Parlare con lei è stato davvero interessante al punto che ho deciso di farci un articolo sopra!

La storia dell’attività di famiglia

logo arredamenti Bonuccelli - un'affascinante vita in falegnameria
Logo Bonuccelli – diritti riservati

Nel 1965 il nonno di Serena, Danilo, decide di aprire una piccola falegnameria trascinato dalle sue doti artistiche e l’amore per la materia prima. In pochi anni diventa un artigiano conosciuto ed apprezzato e si trova costretto ad ampliare la sua azienda fino ad avere ben 12 operai.

Tra questi, i suoi due figli, Sandro e Mauro, iniziano a lavorare con lui e apprendono tutti i trucchi del mestiere. Negli anni la crescita è esponenziale e si ritrovano ad aprirsi anche al mercato internazionale, fino agli anni della crisi del mercato artigianale, intorno al 2000.

Sandro e Mauro si ritrovano, quindi, a dover fare i conti con la riduzione dell’azienda, tornando a contare solo sulle forze della famiglia. Nel 1988 si aggiunge al nucleo famigliare una bambina che muove i suoi primi passi in un capannone polveroso e pieno di macchinari pericolosi, che la conquista nel profondo.

E qui inizia la storia di Serena, innamorata del legno e del suo lavoro, che cerca di farsi strada in quello che è un lavoro appagante ma duro, dove ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da imparare.

La vita in falegnameria

Vivere in una falegnameria non è una vita facile, mi racconta Serena. Caldo d’estate quando il sole della riviera toscana batte incessante sul tetto del capannone e freddo d’inverno, nonostante le temperature clementi di una città di mare. Polvere di legno, materiali pesanti, macchinari che ci mettono un attimo a portare via un dito anche ai lavoratori più esperti.

Eppure lei ha deciso di restare legata a questa attività e, nonostante avrebbe potuto scegliere di tutto per il suo futuro, decide di abbandonarsi in questo mondo di legno e creazione. Bisogna essere un po’ visionari per fare un lavoro del genere, non basta sapere mettere insieme dei mobili stabili.

L’importanza degli artigiani

Essere un artigiano è un bene prezioso per sé stessi e per l’umanità. Forse non ci si rende spesso conto che esistono intorno a noi queste persone silenziose che nei loro laboratori sono capaci di creare tutto. Mia madre è una sarta. Ha dedicato tutta la sua vita a cucire.

Io non ho mai amato quest’arte e non sono stata in grado di seguire i suoi passi. Ma tutte le cose che mi sono inventata nel tempo, lei me le ha create. La cosa che mi stupisce anche oggi è che ogni cosa che io o i suoi clienti le chiediamo, anche le più folli, lei non è mai preoccupata: sa che può farlo.

In un mondo standardizzato, brandizzato, preconfezionato, dove non si parla mai degli artigiani, si sottovaluta che queste persone sono in grado di fare di tutto. Dal salvare un vestito che non vi sta più ma adorate, o fare un mobile con una vostra idea, su misura per il vostro spazio.

Questo non lo si trova nei negozi, non lo si trova su internet: è una conoscenza nata dalla passione, dall’esperienza del lavoro di tutti i giorni. In un mondo usa e getta che viene soffocato dai rifiuti che produce, queste persone sono la luce in fondo al tunnel.

Se tutti facessimo delle scelte più consapevoli, più ecologiche, queste persone non sarebbero più invisibili e il loro lavoro sarebbe senz’altro più capito e apprezzato, e questa terra ci ringrazierebbe.

L’ho vissuto con mia madre che quando diceva il prezzo del suo lavoro veniva derisa con “Cosa? con 5 euro mi compro un pantalone dai cinesi!” e me lo conferma Serena che si sente dire che il suo lavoro non è chissà che e basta passare un po’ di vernice.

Questi pensieri sterili ci hanno portato a dove siamo ora: un mondo fatto a forma di nessuno. Vi siete mai chiesti come mai i mobili di nonna, sono magari tarlati ma sono ancora lì, e come mai la vostra nuova libreria si è piegata in 15 giorni?

Io avrò avuto nel DNA qualcosa dell’artigiano, come Serena: saremo le “diverse” in un mondo di tutti uguali. Essere qui, a scrivere questo blog e a parlare con tanta gente appassionata mi dà speranza. Spero che queste passioni “antiche” prendano di nuovo il sopravvento e che torniamo a cercare le cose durature, personali, uniche.

La sfida di essere una donna in falegnameria

Foto di Serena al lavoro nella sua azienda – tutti i diritti sono riservati

Serena lascia la produzione dei mobili veri e propri alla sua famiglia e si dedica al restauro conservativo, alla verniciatura e ha creato una propria linea di strutture semplici per bambini. Sogna e crea giocattoli Montessoriani, decorazioni per camerette con grande attenzione alla eco-compatibilità dei materiali e delle vernici e ovviamente all’atossicità.

Porta tutto ciò che ha appreso dagli insegnamenti del nonno e poi del padre, nei suoi lavori e la sua professionalità cresce ogni giorno. Eppure soffre di un’altra stigmatizzazione, se non le bastasse di essere nella classe degli incompresi artigiani.

La falegnameria non è donna

Se vivere in una falegnameria non è una vita semplice, come dicevo all’inizio, prova ad essere una donna in una falegnameria! Sembra impossibile ma in Italia, ancora oggi, passati di più di 20 anni gli anni 2000, quando il 2001 doveva essere un odissea nello spazio, esiste ancora la discriminazione di genere.

E’ deprimente e deludente. Se siamo ancora a questi punti, di non aver passato questa soglia così innaturale, capisco anche perché non si dà valore al lavoro di un artigiano. Se non riusciamo a dare valore ad una persona solo perché fa un lavoro “inusuale” per il suo genere, come possiamo comprendere il valore di un lavoro tutto fatto a mano?

Che cosa stabilisce che cosa è normale e cosa non lo è? Io credo e spero che sia solo l’abitudine. Perché le donne hanno sempre lavorato duramente, in ogni ambito, perfino nei campi. Eppure ancora oggi non hanno credibilità.

Fare il falegname significa avere a che fare con pesi, è vero, ma oggi abbiamo anche la tecnologia che aiuta, e un falegname non fa solo mobili giganti. Serena mi racconta di sguardi di disapprovazione, piuttosto che essere affascinati da quanta passione è dentro questa donna per sopportare la fatica e tutto questo.

Invece di vederla come un plus, la si vede come un’aggravante. Come se lei automaticamente non fosse competente, non fosse nata in quella falegnameria, non avesse imparato niente dalla sua famiglia, non avesse la conoscenza che moltissimi uomini non provenienti da un simile background non si sognano neanche di poter avere…

Non credete che questo sia ignorante e retrogrado? In un mondo che grida all’inclusione, trovarsi ancora a discutere di queste cose è pazzesco. Questo è un articolo scomodo, ma che prima o poi doveva uscire. Io come donna, non potevo chiudere ancora gli occhi e la bocca davanti a queste condizioni.

Sono contenta che Serena me ne abbia dato la possibilità, tramite la sua storia. E sono contenta di aver scritto l’articolo: “come intagliare il legno“, dove ho ritagliato una piccola sezione riguardante l’intaglio femminile. Tramite il quale lei si è fatta forza di raccontarmi la sua storia e come lei spero lo facciano molte altre.

Conclusioni

Io non credo che esista per forza un sesso nei lavori, esistono solo persone. Persone attive, dedicate, ispirate, talentuose, che amano quello che fanno. Che passano la loro vita a preservare l’arte antica, che non vogliono che le tradizioni muoiano. Che la nostra identità, la nostra storia non venga dimenticata.

Una storia che non c’è nei libri di scuola, una storia che si tramanda, come il dialetto. La storia che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo. Io spero tanto di contribuire con le mie parole, con il mio lavoro a tutto questo.

La lavorazione del legno è un arte che più di altre ci riporta indietro nel tempo. E ci ricorda di come siamo interconnessi con la natura, di come dobbiamo amarla e rispettarla. Di come la fatica si trasforma in bellezza e come questa bellezza, preservata, può muoversi tra i secoli.

Ragazzi se siete qui sul mio blog è perché capite queste cose, perché anche voi avete avuto un brivido da hobbisti a pensare alla figata di poter vivere una falegnameria. Parlatene con gli amici, fate sapere a tutti quanto ci tenete a fare quello che fate. Quanto è bello poter parlare di legno, toccarlo, lavorarlo, trasformarlo! 🤩

E dal rispettare la natura, il legno, l’ambiente, al rispettare tutte le persone attorno a noi è un attimo. E’ l’evoluzione che davvero meritiamo! Un abbraccio a tutti voi, riflettiamo tutti insieme e ci vediamo, se volete, il prossimo mese! Ciao! 🤗😘

P.s. Se la storia di Serena ti ha incuriosito e vuoi conoscerla meglio, quasi “di persona” abbiamo fatto una puntata insieme di “Keep Calm and Woodcarve” il mio podcast che va in onda ogni 15 giorni sul canale youtube del Blog! Una chat dove parliamo di tutto riguardante il legno prendendo spunto dai commenti ricevuti! Aspetto anche il tuo! 😉🤩


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